La convergenza di una vecchia rivalità.
Come sempre succede in Formula 1, le idee migliori vengono studiate e poi copiate, presentandosi via via su più monoposto di diverse squadre, fino ad arrivare ad una sostanziale convergenza che solo il cambiamento del regolamento tecnico scompagina. L’unica costante è che vince Adrian Newey.
Non è stato proprio così invece per quello che per tantissimi anni è stato il prodotto di successo più emblematico della Piaggio. Parlo ovviamente della Vespa, che dal suo debutto nella seconda metà degli anni 40 fino alla fine della produzione della Vespa PX sessanta anni dopo, non ha mai tradito il suo concetto di veicolo, con telaio inscatolato a costituire una carrozzeria portante e motore a sbalzo. Personalmente è un concetto che non amo molto. Essendo cresciuto su una Vespa ET3 “abbastanza equilibrata”, la prima volta che sono salito su una Vespa PX sono stato spiacevolmente colpito da questo carrozzone pendente a destra. Ma opinioni personali a parte, è indubbio che questo semplice veicolo abbia altri punti di forza.
Discorso diverso per la cugina Lambretta LI e derivate, con quel solido telaio monotrave a tubo di grossa sezione, su cui veniva montata la carrozzeria e un motore centrale, a creare un insieme ben equilibrato e piacevole da guidare.
Due soluzioni diametralmente opposte che hanno fornito un carattere distintivo ai due prodotti. Purtroppo la Innocenti, chiudendo la produzione e liquidando la linea scooter, non è arrivata ai giorni nostri e non sappiamo cosa avrebbero potuto inventare i suoi ingegneri. Ciononostante, analizzando gli scooter degli anni novanta e duemila, e poi l’avvento dei cosiddetti “scooteroni”, possiamo affermare che il concetto Lambretta ha avuto il sopravvento rispetto a quello Vespa.
E’ indubbio infatti che la generazione di scooter successiva alla Vespa PX si sia orientata verso il telaio in tubi su cui viene applicata la carrozzeria in platica, mentre il motore (la fa da padrone in questo caso il concept Yamaha) sembra quello di una Lambretta a cui è stata sostituita la catena con una cinghia elastica e le marce con un bel variatore automatico tanto simile a quello dei Piaggio Ciao, Bravo, Sì & Co.
La Piaggio ovviamente non è restata con le mani in mano e, già mentre era ancora in vendita la vecchia Vespa, da una parte cerca di capire la propria strada reinventando il telaio portante con la Cosa (ultima VERA Vespa anche se incredibilmente le danno un nome così imbecille) e dall’altro lato si lancia in questo “nuovo” concetto tecnico che porterà fino agli scooter dei giorni nostri, assieme a tutti gli altri marchi asiatici.
Nel mese di giugno 2022, all’interno del Fuori Salone di Milano dove si celebra il Design italiano, è stata presentata la nuova vita del brand Lambretta di Walter Scheffrahn. In un percorso espositivo allestito grazie al contributo storico del Museo dello Scooter di Vittorio Tessera, il visitatore viene guidato fino alle due nuove Lambretta. Al centro dell’esposizione il telaio nudo.
All’EICMA 2023 questi modelli sono stati nuovamente presentati al pubblico (en passant: ci domandiamo quando inizieranno anche a venderli..) assieme alla nuovissima Lambretta Elettra con motore elettrico. Anche in questa occasione vi era esposto il telaio nudo della nuova generazione Lambretta.
Fa piacere leggere, in uno degli ultimi articoli pubblicati sul sito SLUK – Scooterlab UK, che anche Iggy Grainger abbia notato quello che ho pensato e forse scritto anch’io l’anno scorso da qualche parte dopo il citato Fuori Salone di Milano, quando presentarono per la prima volta le nuove Lambretta. Il telaio nudo sembra quello di una Vespa, con lo scudo integrato e quel tunnel centrale. Niente di male, intendiamoci, però sembra un cortocircuito tecnico-storico.
L’attuale convergenza dei due storici marchi verso questo telaio ibrido, in cui abbiamo un classico canotto di sterzo da cui parte un telaio inscatolato, sembra la rivincita del concetto della Vespa classica perfezionato dal telaio Innocenti LUI.
Analizziamoli.
Sappiamo tutti come è fatta una vespa. Due semi gusci posteriori vengoni uniti centralmente fino ad inglobare il canotto di sterzo. Anteriormente e inferiormente viene aggiunto uno scudo. Una cosa semplice e rivoluzionaria, ma non proprio il meglio dal punto di vista della torsione e della resistenza. La lambretta J è fatta sostanzialmente alla stessa maniera, ma con forme meno azzeccate esteticamente.
Dal lato opposto abbiamo la classica Lambretta LI. Un grosso tubo variamente ripiegato la percorre fin sotto la sella, a cui viene aggiunta una lamiera che fa da carrozzeria posteriore. Una soluzione forse ancora più semplice, ma sicuramente resistente ed equilibrata. Vedi le prime immagini sopra.
Ora vediamo il telaio LUI, il quale comincia a sviluppare i precedenti concetti: il canotto di sterzo è collegato ad un generoso tubo, ma solo fino ai piedi del conducente. Da lì in poi subentra un telaio portante inscatolato che si sviluppa sopra il motore, sorreggendo la sella e il serbatoio. Anteriormente, rimuovibile, abbiamo ancora lo scudo classico, benchè ridotto.
Prendiamo adesso quello che ormai è un classico amato dalla generazione nata alla fine del secolo scorso, ovvero l’MBK Booster. Esattamente come il LUI, un tubo anteriore è saldato al canotto di sterzo, mentre il posteriore, a reggere sella, serbatorio e motore, si sviluppa invece in un telaio in tubi e non più in uno scatolato. L’evoluzione è chiara verso tutti i successivi “scooteroni”.
Superato questo concetto e forse cercando di arrivare a qualcosa che potesse provare a richiamare gli stilemi costruttivi della vecchia Vespa, la Piaggio rivitalizza il ramo apparentemente secco che aveva portato alla Cosa e realizza un nuovo telaio/carrozzeria portante, inscatolato, che genera le nuove small frame come la Vespa Primavera odierna (lo scooter) e la Vespa GTS.
Arriviamo infine al nocciolo della questione. Il telaio della Vespa GTS e della nuova Lambretta sono sorprendentemente simili. Dal canotto di sterzo, unico tubo rimasto, parte una scatola che si allarga fino a costituire un tunnel centrale che protegge tubi idraulici ed elettrici diretti alla culla posteriore. Lo scudo, variamente fenestrato come nella Cosa, avvolge anteriormente e inferiormente il resto del telaio, come nel LUI, ma non è rimuovibile, essendo saldato appena sotto lo sterzo, al canotto tramite un ponticello. Il motore invece rimane sempre lo stesso, di concetto Lambretta come spiegato prima, per tutti gli scooter moderni. Anzi si vocifera che il 300cc Lambretta sia addirittura il motore della Vespa GTS. Potenza delle economie di scala. Sigh.
Quale lezione possiamo trarre?
L’epoca pionieristica delle moto, delle automobili e degli scooter, ha generato una tale e tanta varietà di soluzioni capace di dividere gli appassionati in base alla tecnica. Chi l’ha capito lo applica anche oggi, per esempio col motore GUZZI a V o il Boxer BMW, che fidelizzano l’acquirente. Ma a parte questi esempi, come nella selezione naturale le soluzioni migliori, più resistenti e performanti, alla lunga determinano il successo di un modello e giocoforza tutti convergeranno su tale concetto, generando una sostanziale omologazione meccanica e telaistica, da cui prova a salvarsi solo l’estetica e la targhetta applicata su un telaio.
Quindi teniamoci stretti i nostri ferri vecchi, così originali, variegati e difettosi, perchè tanta originalità di idee è andata scemando fino ad arrivare all’elettrico, dove il silenzio dei propulsori nemmeno nasconde il fatto che siano tutti uguali.